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I fatti si svolgono sullo sfondo della campagna lombarda e della città di Milano, tra il 1628 e il 1630. Don Abbondio è il curato incaricato di celebrare le nozze di due giovani filatori, Renzo e Lucia. Gli scagnozzi di Don Rodrigo, il signorotto del paese, gli intimano di non celebrare il matrimonio.

Il prete non sa opporsi alle minacce e inventa delle scuse per rimandare il matrimonio arrivando poi a confessare che chi si oppone è Don Rodrigo. Renzo e Lucia, insieme alla madre di questa, Agnese, e a padre Cristoforo, loro guida spirituale, tentano di porre rimedio al sopruso. Renzo si reca dall’avvocato Azzeccagarbugli, mentre padre Cristoforo va al castello di Don Rodrigo per tentare di convincerlo a cambiare idea.

Entrambi saranno scacciati in malo modo. Ai giovani non resta che tentare un matrimonio a sorpresa. Arriva la cosiddetta ‘notte degli imbrogli’: falliscono le nozze dei due giovani filatori, ma anche il tentativo di rapimento di Lucia architettato da Don Rodrigo.

Intanto, padre Cristoforo ha organizzato la fuga dei due giovani che porterà Renzo a Milano e Lucia insieme ad Agnese in convento a Monza, sotto la protezione di Gertrude. Renzo capiterà in città in un periodo scosso da rivolte popolari; in questa occasione il giovane farà un’invettiva contro i potenti che lo porterà a essere ricercato dagli sbirri come capo dei rivoltosi.

Don Rodrigo tenta ancora il rapimento di Lucia affidandosi a un oscuro signore del tempo, l’Innominato, che ne incarica il primo dei suoi bravi, il Nibbio, con la connivenza della monaca di Monza e di Egidio, il suo amante.

Lucia viene rapita e portata al castello dell’Innominato: lì fa voto di castità impietosendo così il suo rapitore. Pentito, l’Innominato lascia andare Lucia e questa si ritrova coinvolta nelle “sciagure milanesi”: la discesa dei lanzichenecchi e l’epidemia di peste. Saranno contagiati dalla peste anche Lucia, padre Cristoforo e Don Rodrigo e condotti al lazzaretto dove, al termine di varie peripezie, arriverà finalmente anche Renzo. Quest’ultimo perdona il morente Don Rodrigo, mentre padre Cristoforo scioglie il voto di castità fatto da Lucia.

Finita la peste, i due giovani possono finalmente ritrovarsi e cominciare un futuro prospero insieme. sfondo la campagna lombarda e la città di Milano nel biennio che va dal 1628 al 1630. La vicenda si avvia con Don Abbondio, curato del paese di Renzo e Lucia incaricato di celebrare le nozze dei due giovani filatori.

Don Rodrigo, il signorotto del paese, manda i suoi scagnozzi a intimare al prete di non celebrare le nozze due giovani. Il curato, tra i personaggi de I Promessi Sposi il più codardo per natura, sceglie di non opporsi alle minacce e comincia a rimandare il matrimonio con una serie di scuse.

Alla fine il prete arriva a confessare ai due giovani che chi si oppone alla loro unione è Don Rodrigo. I due ragazzi, insieme ad Agnese, la madre di lei, e a padre Cristoforo, la loro guida spirituale, iniziano a cercare un modo per risolvere il problema e rimediare al sopruso.

Renzo va in cerca dell’aiuto dell’avvocato Azzeccagarbugli e, nel mentre, padre Cristoforo si reca al castello di Don Rodrigo per provare a fargli cambiare idea.

Sia Renzo che padre Cristoforo falliscono nel loro intento, venendo malamente cacciati, il che porta i giovani a tentare un matrimonio a sorpresa. Giunta la cosiddetta “notte degli imbrogli”, il tentativo di sposarsi di Renzo e Lucia fallisce miseramente così come il tentativo di rapimento della giovane Lucia operato dagli scagnozzi di Don Rodrigo per conto di lui.

Padre Cristoforo, nel mentre, ha organizzato la fuga dei due giovani: il piano prevede che Renzo si rechi a Milano mentre Lucia, insieme alla madre, nel convento di Monza, dove verranno protette da Gertrude. Renzo, una volta giunto a Milano, si trova coinvolto in una serie di sommosse popolari dovute al momento storico.

Il giovane si fa valere conducendo un’azione contro i potenti che lo porta ad essere classificato come capo dei rivoltosi, in fuga dai poliziotti che cercano di acciuffarlo.

Intanto Don Rodrigo non si arrende e, cercando la complicità di un oscuro signore del tempo chiamato l’Innominato, tenta di far rapire nuovamente Lucia dal convento di Monza. L’Innominato incarica del rapimento il primo dei bravi di Don Rodrigo, il Nibbio, aiutato dalla monaca di Monza e dal suo amante, Egidio.

Una volta prelevata Lucia con la forza, l’Innominato la tiene prigioniera nel suo castello dove la giovane fa voto di castitàriuscendo a impietosire il suo rapitore.

Pentito delle sue terribili azioni, l’Innominato decide di lasciare andare Lucia, la quale si ritrova nel bel mezzo delle “sciagure milanesi”, dalla discesa dei lanzichenecchi alla terribile epidemia di peste. Proprio la peste giocherà un ruolo fondamentale, contagiando Lucia, padre Cristoforo e Don Rodrigo e facendo sì che tutti vengano condotti al lazzaretto.

Anche Renzo stesso, dopo una serie di vicissitudini, si trova nel ricovero di malati in quarantena. Qui Renzo perdona don rodrigo, che sta ormai morendo, e fra Cristoforo scioglie il voto di castità fatto dalla giovane Lucia. Una volta terminata la peste e guarita Lucia, i due possono finalmente ritrovarsi, sposarsi e vivere il loro futuro insieme così come hanno sempre desiderato.

I Promessi Sposi è un romanzo storico considerato pietra miliare della letteratura italiananon solo perchè primo romanzo moderno della nostra tradizione ma anche perchè un passaggio importantissimo e fondamentale per la nascita e l’evolversi della lingua italiana così come noi la conosciamo oggi.

I Promessi Sposi è considerato l’opera che meglio rappresenta il romanticismo italiano grazie anche alla profondità dei suoi temi e al modo in cui vengono affrontati: temi come la filosofia, la storia, e temi legati al cristianesimo come la Provvidenza o la Grazia Divinavengono affrontati e narrati con dovizia di particolari, assumendo ruoli talmente rilevanti da poter essere considerati dei veri e propri personaggi della storia (l’esempio lampante è la Divina Provvidenza).

Tra le prime volte segnate da I Promessi Sposi c’è anche quella del primo romanzo ad avere come protagonisti gli umili e non i potenti e i ricchi che riscuote un così grande successo all’epoca. Il romanzo de I Promessi Sposi ha avuto talmente tanto successo e ha scatenato talmente tanto interesse sia da parte del pubblico che da parte della critica letteraria tra XIX e XX secolo che è stato rielaborato in diverse forme artistiche, dalla rappresentazione teatrale all’opera lirica, passando per il cinema e anche per la fumettistica.

Il romanzo ha anche un finale che non viene mai narrato a scuola, limitandosi a dire agli studenti che Renzo e Lucia hanno il loro lieto fine con il matrimonio, ma la storia va oltre.
Dopo il matrimonio, il cui banchetto si tiene al castello del defunto Don Rodrigo per volere del marchese suo erede, che vuole in qualche modo rimediare ai torti subiti dai due giovani, quest’ultimo acquista le proprietà dei due novelli sposi a un prezzo molto più alto di quello che valgono.

I due giovani, insieme alla famiglia, possono così trasferirsi prima a Bartolo, paese che poi lasceranno per incompatibilità ambientale, e poi di acquistare un filatoio in un paesino in provincia di Bergamo.

Qui i due si stabiliranno, ottenendo successo sia a livello lavorativo che a livello familiare: i giovani infatti avranno una figlia, che chiameranno Maria, con la prospettiva di altri bimbi in arrivo, tutti educati da nonna Agnese.

I due giovani, andando avanti con le loro vite, hanno anche modo di trarre una morale da tutte le peripezie vissute: fatti simili capitano a chi si comporta in modo incauto, come il baldanzoso Renzo, ma anche a chi non ha colpe, come l’innocente Lucia. La sola via d’uscita è la fede in Dio, che aiuta a sopportare i guai e a farne lezioni di vita.

Celebri sono le parole di chiusura del romanzo, in cui è Manzoni stesso a lasciare i lettori facendo chiarezza sulle sue intenzioni sin dall’inizio e sui risultati che spera di aver ottenuto con il suo scritto: “Questa conclusione, benché trovata da povera gente, c’è parsa così giusta, che abbiam pensato di metterla qui, come il sugo di tutta la storia. La quale, se non v’è dispiaciuta affatto, vogliatene bene a chi l’ha scritta, e anche un pochino a chi l’ha raccomodata. Ma se in vece fossimo riusciti ad annoiarvi, credete che non s’è fatto apposta”.

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