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Dott. Vincenzo De Matteis
Argomenti di attualità Marzo 2017
Cardiologia: le statine dimezzano il rischio di un secondo infarto
Mar 15,2017 0 Comments
(Reuters Health) – Il 50% in più di probabilità di avere un secondo infarto: è il rischio che corrono i pazienti che, in terapia con statine dopo un primo attacco, devono interrompere l’assunzione di questi farmaci per via degli effetti collaterali. A dimostrarlo è stato uno studio coordinato da Robert Rosenson del Mount Sinai Hearth, Icahn School of Medicine di New York, e pubblicato sul Journal of the American College of Cardiology.
Lo studio
I ricercatori hanno preso in considerazione i dati di più di 105 mila anziani americani assistiti da Medicare che avevano avuto un infarto e ai quali era stato prescritto un farmaco ipocolesterolemizzante della classe delle statine, atorvastatina o simvastatina. Di questi, meno del 2% non tollerava le statine, riferendo dolori muscolari, mentre più della metà avrebbe seguito la terapia. Rosenson e colleghi hanno così confrontato i tassi di un secondo infarto, di altre malattie coronariche o di morte tra le persone che seguivano la terapia con statine per almeno l’80% del tempo rispetto a chi assumeva un dosaggio inferiore o interrompeva la cura. I malati che non tolleravano le statine avevano un rischio del 50% maggiore di soffrire di un secondo infarto e del 51% in più di soffrire di qualche altro evento coronarico che richiedeva un intervento di bypass o di ripulitura delle arterie.
“Si dovrebbe fare ogni sforzo per mantenere la terapia con le statine. In caso di problemi muscolari il medico dovrebbe capire bene se i sintomi sono davvero correlati alle statine, prima di sospendere il farmaco”. “I pazienti dovrebbero sapere che ci sono diverse opzioni disponibili, nel caso dovessero interrompere la terapia con le statine – ha spiegato David Saxon, endocrinologo all’Università del Colorado, non coinvolto nello studio -, come provare con un dosaggio più basso o assumere il farmaco poche volte a settimana o prendere altri medicinali di classi diverse”.
Fonte: Reuters Health
Will Boggs
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
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